Scritta letteralmente ad occhi chiusi per paura di essere sorpresa, questa raccolta accoglie una poesia essenziale eppur vera del nostro vivere, alcune volte a ridosso di un bivio. Di qui spicca l'assoluto manifesto dell'autore con un invito al lettore a fargli cambiare atteggiamento verso il reale, non per mezzo del pensiero d'esistere, ma del sentire.

Un reale che appare, seppur davanti ai nostri occhi, inarrivabile con la ragione, una mistificazione meccanica della parola, che sembra addirittura prendersi gioco dell'uomo mentre essa cerca di interpretare il mondo che scorre. La semplicità del linguaggio non vuole essere un ragionamento semplicistico, ma un modo di arrivare ai cuori con umiltà, con la speranza che partendo dal particolare si arrivi all'universale, lasciandosi toccare, invadere da questo pensiero semplice al fine di arrivare, con le proprie forze o finanche l'immedesimarsi, ad uno sguardo più ampio di veduta.

Il grido disperato d'aiuto, una porta che si apre, la nostalgia del passato, fanno dell'opera la sua cornice, e i toni, a volte molto disperati, la rendono un modo di farsi ascoltare. Una supplica, una critica alla nostra società dell'era del consumismo, che non si ferma un attimo neanche per una boccata d'aria, non si interroga, non si prende sul serio.

Presente, passato e futuro sono legati da un unico filo conduttore, la nostalgia, un ritorno al dolore costante, reso necessario per la pratica della poesia. Da questo eterno ritorno si prova ad interpretare un amore finito, un'immagine del presente, non quindi temi del tutto personali, ma con uno sguardo ben direzionato alla realtà di tutti i giorni, e che quindi ci colpisce nel collettivo.

Si fa spazio in questo complesso di emozioni, sensazioni, pensieri, un modo di essere umano, per certi versi troppo umano. Un'incessante domanda sul modus vivendi di affermazione con i propri mezzi senza filtri, affinché un essere possa brillare e trovare riposo nell'oscurità.

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