Di mafiosi si parla la prima volta in una commedia popolare del 1862-1963 I mafiosi della Vicaria, ambientata tra i camorristi delle carceri palermitane negli anni Cinquanta. Le origini storiche della mafia si rifanno alla Sicilia.

A partire dal 1860 nell’ultima fase delle bande armate. Questa pratica si andrà ad aggiungere alla delusione crescente delle masse contadine che avevano vissuto con entusiasmo le promesse garibaldine.

All’indomani dell’unificazione, una parte dell’Italia meridionale, disillusa dalle promesse di terre e in assenza di un miglioramento delle proprie condizioni di vita, si oppone con violenza al nuovo Stato. Parallelamente alle azioni dei briganti acquisiscono visibilità anche i camorristi e i mafiosi, con cui il potere politico, in questa fase, intende ancora i delinquenti comuni.

Il fenomeno ottiene rilevanza legandosi alla questione meridionale e i mafiosi diventano ancora una volta al contempo nemici e strumenti nelle mani del potere politico: Nel 1863, il governo postunitario emana la legge, con l’intento di contrastare il brigantaggio nell’Italia meridionale e inserisce i camorristi tra gli individui pericolosi, in quanto, appartenenti alla così detta associazione della camorra. La mafia entra nel discorso pubblico dopo la rivolta di Palermo del 1866, una sollevazione popolare che passerà alla storia come rivolta del sette e mezzo, per la durata dell’insurrezione.

Il libro di Giuseppe Quartuccio è un'analisi storica raffinata e ben documentata di uno dei fenomeni che hanno segnato la storia del nostro Paese ma non solo. Scritta con un taglio di cronaca ma anche narrativo, da leggere per ampliare e riflettere su quanto già assodato sulla criminalità organizzata.