Questo libro è basato sull'amore, sulla profondità del sentimento d’amore contrapposto alla mortalità che in realtà non muore mai. È un “libro vitale proprio perché parla di morte” come ci fa notare un’amica recensore cinematografico.
Il nostro desiderio è quello di condurvi verso la stessa emozione che abbiamo provato mentre ne scrivevamo ogni più piccola parte, e condividere con voi quanto abbiamo scoperto, raccolto, ipotizzato. Per provare a “sentire” se siamo collegati in qualche modo alla “Sindrome del Gemello che Resta” possiamo osservare il nostro modo di comunicare e vivere: attraverso sogni, disegni, scritti, composizioni o altre manifestazioni artistiche che, riletti alla luce di questa teoria, sono validi indicatori emotivi per valutare se nel nostro inconscio troviamo inconfondibili tracce della sofferenza.
Le più belle canzoni d’amore, attentamente rivisitate con questa chiave di lettura, sono una lettera al gemello. La sindrome del gemello, al di là delle proprie credenze, rappresenta obiettivamente una grande occasione, non solo per imparare a elaborare il lutto in merito a qualsiasi perdita, ma indica un percorso importante per imparare a portare nella giusta luce il proprio rapporto con la vita e con la morte.
Due facce della stessa realtà. Non esiste l’una senza l’altra.
La sindrome accettata, vissuta, condivisa, nutrita, offre possibilità immense di evoluzione. Sapere, percepire, comprendere di non essere soli, di non essere mai stati soli, delinea un nuovo accordo fra noi e la vita.
Si stipula un nuovo atto costitutivo e si affronta il divenire con la coscienza che la nostra intrinseca struttura biologica mai può essere totalmente isolata. Cercare la gratificazione e sfuggire al dolore e alla disorganizzazione è la strategia più elementare di sopravvivenza ma, quando a questo dolore possiamo cambiare nome, ecco giungere inaspettate soluzioni nuove.
Tutto ciò che fino a oggi veniva catalogato come relazione sfavorevole al benessere, tutto ciò che si manifestava con aberranti sensazioni specifiche di disfunzione e sofferenza, può trovare un contesto per integrarsi. L'integrazione diviene così panacea: è lei stessa la cura e la terapia del nostro mal di esistere.
La sindrome diviene il contenitore, la coppa, nella quale poter tingere i nostri ricordi con un altro colore. .