In questo libro – che l’Autore ha impostato come ideale sequel del fortunatissimo “Gli Stregoni della Scienza” (Eremon Edizioni, 2015) – troverete ciò che mai un cultore di studi alchemici “di stretta osservanza” vorrebbe leggere in un testo in cui compaia la magica parola Alchimia!D’altra parte di libri sull’Alchimia ne esistono a centinaia, tutti più o meno validi, tutti più o meno esaustivi – faccio per dire! – su un argomento che coinvolge moltissimi campi del sapere, da quelle lontane ricerche che aspiravano ad essere annoverate nell’ambito delle “vere scienze”, alla filosofia “occulta”, ad un esoterismo che più incomprensibile non avrebbe potuto essere. Libri sui quali chi scrive ha passato moltissimo tempo, libri che non possono mancare nella biblioteca di chi si occupa di “misteri” ad ampio spettro, libri che non possono non arricchire il patrimonio culturale dello studioso interessato ad una delle più discusse sfaccettature dell’umano ingegno.
L’Alchimia viene usualmente definita come un antichissimo sistema di carattere filosofico che viene espresso mediante un linguaggio – più o meno comprensibile! –facente riferimento a molteplici aspetti della Conoscenza, dalla fisica all’astrologia, dalla medicina alla metallurgia fino alle più diverse espressioni artistiche…Ma, di solito, essa viene considerata come “disdicevole” antenata della moderna Chimica un po’ prima che quest’ultima vedesse la luce nell’ambito del moderno metodo scientifico. Come in moltissimi campi dello scibile, diversissimi erano gli obiettivi che si proponevano alcuni antichi cultori di studi alchemici: dal trovare un rimedio che potesse curare tutte le malattie a quello che prolungasse in definitivamente la vita umana, fino al mettere a punto un sistema in grado di trasformare i metalli “vili” in metalli “preziosi.
Oro in primis, naturalmente!E questi curiosi personaggi, forse, erano considerati alla stregua di banali “soffiatori”, avvezzi cioè ad agire soltanto sui mantici che provvedevano ad alimentare le fiamme del loro “Athanor”, dei loro fornelli in cui facevano reagire i più strani ingredienti. “Soffiatori”, però, tutt’altro che banali poiché dalle loro ricerche – spesso con l’involontaria collaborazione dell’onnipresente “Caso” – è stato possibile apprendere moltissimi metodi per isolare vari elementi e composti chimici, per mettere a punto espedienti di atti a migliorare la vita dei loro contemporanei, oppure – è un rischio sempre presente lungo il difficile cammino della Conoscenza… – per dare la morte.
Come insegnano le ricerche del monaco Kostantin Anklitzen, più noto con il nome di Berthold Schwarz il quale, a metà del XIV secolo, avrebbe inventata la “polvere nera” e, forse, anche le primissime “armi da fuoco…Ma l’Alchimia viene anche intesa come difficile metodo di “autorealizzazione”, ovvero – per tornare un attimo alla trasmutazione dei metalli “vili” in Oro – come una sorta di esercizio indispensabile al raggiungimento di un superiore, quasi metafisico, livello di conoscenza del “divino” che albergherebbe in ciascuno di noi. In definitiva, una sorta di quel “Nosce te ipsum” che, in lingua greca, campeggiava a Delfi all’ingresso del tempio dedicata al dio Apollo.
Ed è anche per tale accezione che il simbolismo intimamente connesso all’Alchimia ha interessato moltissimo alcuni studiosi della psiche umana quali, ad esempio, Carl Gustav Jung. Egli ha preso in esame i possibili rapporti tra alcuni simboli propri dell’Alchimia e l’Inconscio, le indiscutibili analogie tra alcuni processi descritti nelle opere sull’Ars Regia e talune esperienze di carattere onirico.
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